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Primavera in Kurdistan

Posted: February 4th, 2009 | Author: | Filed under: Recensioni | Tags: , , , | Comments Off on Primavera in Kurdistan

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Belle, anzi, bellissime notizie per il cinema documentario italiano. Arrivano da Trento, dal Filmfestival della montagna, l’appuntamento internazionale – giunto alla sua 55esima edizione – che raccoglie pellicole da tutto il mondo dedicate alla montagna, all’esplorazione e all’avventura.
Ad ottenere la genziana d’oro, con giudizio unanime della giuria internazionale composta da registi e produttori, è stato il film “Primavera in Kurdistan”, di Stefano Savona, una produzione franco-italiana (Minimum Fax Media e Jba produzioni).
Una scelta coraggiosa, che in qualche modo sancisce la crescita qualitativa del festival, anche grazie a tre anni di gestione oculata da parte del direttore Maurizio Nichetti.
“Per me – ci ha raccontato uno Stefano Savona visibilmente emozionato, poco prima della premiazione – fare questo film era diventato un modo per togliermi dalla testa una vera e propria ossessione”.
Il giovane regista aveva conosciuto per la prima volta la questione kurda durante il lavoro con l’Università su uno scavo archeologico in Turchia. Lasciata la carriera accademica, aveva iniziato a fare film documentari. Il primo fu sui Kurdi che arrivavano in Italia come profughi; il secondo venne girato di nascosto nel Kurdistan turco nel 1999.
Poi, nel 2003, dal Pkk arriva il via libera per unirsi alla guerriglia e raccontare la vita sulle montagne. Gli Usa avevano appena invaso l’Iraq e il Pkk non sapeva cosa sarebbe successo: aveva dunque bisogno di qualsiasi strumento di visibilità.
“Sono partito da solo con la mia videocamera facendomi prestare 3.000 euro. Non avevo nient’altro. Solo in seguito Arté mi ha dato un finanziamento per il montaggio”.
E questa è un’altra delle straordinarie caratteristiche del film di Savona: una sola videocamera (la ormai mitica Sony 150) e un microfono. Tutto qui.
“Questo vuol dire – sostiene Savona – che film si possono fare con qualsiasi strumento, se uno li vuole fare”.
E allora ecco esplodere sullo schermo la straordinaria bellezza delle montagne kurde, della primavera e della speranza che rendono vivi i volti dei giovani guerriglieri che sono in viaggio per raggiungere la prima linea.
Anzi, guerrigliere. Savona segue, per parecchie settimane, in particolare il viaggio verso il fronte di due ragazze, costellando la marcia da lunghe interviste per cercare di capire, con grande delicatezza, le ragioni della loro scelta.
“Per me – dice una di queste davanti a un falò – il fuoco e la montagna significano la libertà, che è una cosa irraggiungibile”.
Ma a parlare sono soprattutto i volti. Le due giovani protagoniste vengono da ambienti diversi, una dall’emigrazione in Germania, l’altra da un villaggio kurdo. Entrambe a viso scoperto, uguali ai compagni maschi nella battaglia, egualmente coscienti delle contraddizioni e dei pericoli insiti nella loro lotta.
E poi c’è Akif, il traduttore di Savona durante il viaggio, che fa da filo conduttore a tutto il documentario. “Akif – spiega Savona – ha poi lasciato il Pkk e ci siamo reincontrati in Francia. E’ stato lui ad aiutarmi a tradurre i dialoghi; è stato un modo per rivedere cirticamente il suo passato”. Ora tanti di coloro che il regista ha intervistato sulle montagne sono morti o in galera; qualcuno ha lasciato il Pkk.
Come è avvenuta la costruzione dei dialoghi, così delicati? “Non sono stati costruiti in alcun modo – risponde Savona -. Anzi, alcune cose le ho scoperte dopo, dal momento che non sapevo il kurdo: proprio per questo forse gli intervistati si sentivano più liberi di parlare”.
Come ricordi l’esperienza su quelle montagne? “Tutti i giorni erano straordinari – dice il regista – perchè tutti i giorni si incontrava un amico che il giorno dopo dovevi salutare, sapendo che probabilmente non lo avresti rivisto più. Era un intenso scambio di sguardi, perché da lì non si esce”.
L’annuncio della vittoria di “Primavera in Kurdistan” è stato accolto sabato sera al Teatro sociale di Trento da uno scroscio di applausi: l’anno scorso la giuria non era riuscita a selezionare un vincitore.
Il Filmfestival della montagna di Trento è maturato: la montagna non è più solo lo splendido contorno di eroiche e virili imprese, ma un luogo di libertà e di speranza.
A consegnare il premio il sindaco di Trento, Alberto Pacher, in un buffo siparietto: il primo cittadino, che nega da mesi la concessione di uno spazio ai ragazzi del centro sociale Bruno, ha dato la genziana d’oro ai guerriglieri del Kurdistan, “perché – ha detto – un mondo diverso è possibile”.


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